sabato, Luglio 27, 2024

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Donne e musica classica: l’intervista alla direttore d’orchestra Claudia Patanè

Musica classica e donne: un binomio ancora oggi piuttosto controverso. Il settore in cui la questione si fa più scottante è quello della direzione d’orchestra: vedere una donna sul podio è ancora un po’ insolito, perché il mestiere di direttore d’orchestra è da sempre visto come un ruolo prettamente maschile. Ne abbiamo parlato con la direttrice d’orchestra siciliana Claudia Patanè, tra le figure più interessanti nel campo della direzione. Dopo essersi laureata al Conservatorio di Catania, la Patanè ha collezionato un’esperienza di alto livello dietro l’altra. Giusto per citarne alcune: nel 2014 ha condotto l’orchestra del prestigiosissimo Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma, nel corso di un concerto ospitato dalla Camera dei Deputati; nel 2020 ha diretto l’Idomeneo, re di Creta di Wolfgang Amadeus Mozart al Teatro Massimo Bellini di Catania; e nei prossimi mesi sarà sul podio in occasione del Concerto per la Repubblica, sempre al Bellini di Catania. Scopriamo cosa ne pensa lei sulla questione femminile, ma anche su altri problemi e luoghi comuni della musica classica. Claudia Patanè direttore

Direttore o direttrice? Una questione linguistica, ma non solo Claudia patanè direttore

Nell’ormai lontano 1987 la linguista Alma Sabatini suggeriva, nelle sue “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana”, di utilizzare il termine “direttrice” per le donne alla guida di un’orchestra. Le sue parole risuonano ancora oggi all’interno del dibattito femminista, un dibattito che certo non risparmia la comunità dei musicisti. Il mondo della musica classica è ancora impantanato nella polemica del genere grammaticale del direttore d’orchestra. E proprio quello della direzione d’orchestra sembra essere uno dei settori maggiormente interessati dalla questione femminile. O forse è soltanto un luogo comune? Sul genere grammaticale del direttore, la Patanè non prende posizione: «Va benissimo “direttrice”, ma se qualcuno desidera chiamarmi “direttore”, va altrettanto bene». Qualunque sia il suffisso, afferma la Patanè, resta il fatto che «la percentuale di donne sul podio è drammaticamente bassa. È un problema che riguarda l’approccio della società nei confronti dei mestieri considerati un tempo maschili, che oggi sono aperti veramente a tutti». Che il podio sia difficilmente accessibile alle donne non è quindi da considerarsi un luogo comune, ma pura statistica. 

Il direttore d’orchestra: chi è e cosa fa

Un altro mito da sfatare è quello del direttore come professione non ben definita. È tipico dell’immaginario collettivo pensare che il direttore si limiti a muovere le braccia in maniera randomica davanti all’orchestra e senza che si capisca cosa faccia esattamente nella vita. In verità il direttore, al pari di uno strumentista o di un cantante, segue un percorso dedito all’abnegazione e allo studio approfondito. Un’esecuzione orchestrale, lo ricordiamo, è sempre preceduta da settimane (se non mesi) di preparazione e il direttore deve sapere cosa succede per tutto il tempo, per tutti gli strumenti. Poi, dopo lo studio della partitura, un bravo direttore deve sapere comunicare le sue idee all’orchestra che ha davanti. Quest’ultima fase, come sostiene la Patanè, richiede un talento specifico: «Il mio maestro, Donato Renzetti, ci ripeteva sempre: “Più cose il direttore è in grado di spiegare con la sola forza del gesto, più valido è quel direttore”. A parlare son capaci tutti, ci sono fior di musicologi che potrebbero improvvisarsi direttori d’orchestra senza muovere le braccia». 

Il direttore d’orchestra come leader 

Dunque il direttore d’orchestra ha il talento di saper comunicare con i musicisti che ha davanti. Ma non solo talento: la direzione è anche una questione di leadership. E in questo ambito si può far rientrare ancora un altro stereotipo: quello del direttore anziano, tirannico e intrattabile. Gli addetti ai lavori avranno sicuramente notato come i direttori assumano un atteggiamento diverso verso il solista, rispetto al modo in cui si pone con la propria orchestra. Spesso il solista, come una vera e propria star, viene trattata con dolcezza e accondiscendenza, mentre gli orchestrali hanno un trattamento più brusco. Secondo il parere della Patanè, «la leadership non si dimostra con l’asprezza, ma con la capacità di convincere le persone. Un leader ha un’idea ed è in grado di fare in modo che tu possa sposare questa idea».

Claudia Patanè direttore organizzativo: la musica barocca

I luoghi comuni, asserisce la Patanè, non si limitano ai musicisti, ma riguardano anche i repertori. È il caso della musica barocca, spesso percepita come troppo lontana e dunque vittima della ghettizzazione del pubblico. «Bisogna avvicinarsi al repertorio della musica antica perché le origini della musica e delle culture europee che tanto ci appartengono provengono da lì», suggerisce la direttrice d’orchestra. A tal proposito, Claudia Patané è anche direttrice organizzativa del Festival Internazionale del Val di Noto “Magie Barocche”, una splendida realtà che insiste sulla Sicilia Orientale dal 2006. L’obiettivo del Festival è quello di riportare in vita la musica barocca proprio nei luoghi del Barocco. Ad esempio, la scorsa edizione si è svolta tra Palazzo Biscari di Catania e il Teatro Tina di Lorenzo, a Noto. Un’altra particolarità è l’impiego di strumenti rari e antichissimi, come la viola d’amore, il corno di bassetto o l’arciliuto. 

Il divario tra il pubblico italiano e il pubblico europeo

Negli scorsi mesi, il Festival Magie Barocche ha registrato un buon riscontro di pubblico. Pare che sia stata dunque apprezzata la scommessa portata avanti dal Festival. Tuttavia, riferisce la Patanè, non bisogna abbassare la guardia: la percezione che il pubblico ha di questa musica resta pur sempre un problema. È probabilmente una questione di educazione musicale: in questo caso la direttrice sottolinea che c’è un divario tra il pubblico italiano e quello europeo, soprattutto quello tedesco: «Ho lavorato per anni in Germania e posso dire con assoluta certezza che là i bambini vanno ai concerti per la gioia di ascoltare, perché la musica fa parte del loro percorso di vita. A Erfurt, in Turingia, ci sono monumenti a Bach in ogni angolo. L’educazione che il pubblico italiano ha è molto più scarsa rispetto a quella di un pubblico tedesco». Insomma, le parole di Claudia Patanè ci ricordano che la conoscenza e l’esperienza sono uno strumento di cui si può beneficiare per abbattere le barriere e sciogliere i grovigli. Il resto è tutto un mito da sfatare. Claudia Patanè direttore

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