sabato, Aprile 20, 2024

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Roma, gli U2, la Poesia – The Joshua Tree Tour 2017 REPORT

Una serata magica, all’insegna della Musica, della Poesia, dell’Amore. Vi racconto la mia esperienza. U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia

Roma e la Poesia

Arrivo il giorno prima del concerto. È Venerdì. Sono solo, e fa caldissimo. Sulle spalle solo uno zainetto. In tasca pochi soldi e una manciata di poesie. Un libro in mano: Les Poètes Maudits (I Poeti Maledetti) di Paul Verlaine. “Roma, la cornice perfetta per leggere queste pagine” mi dico.
Voglio andare a visitare le tombe di Keats e Shelley al Cimitero Acattolico di Roma. Ma no, fa troppo caldo. Andrò domani mattina col mio amico Dario, prima di dirigerci allo stadio. E così la mia lunga e solitaria vigilia passa tra poesie, lunghe camminate tra quei luoghi trabordanti storia e una bottiglia di vino. U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia

Ma già, con la testa, sono all’Olimpico di Roma. Domani vedrò uno dei più grandi gruppi di sempre, gli U2, proporre dal vivo uno dei più grandi dischi di sempre, The Joshua Tree, che festeggia i suoi 30 anni. Portati benissimo. E poi dai, c’è anche Noel Gallagher. Il mio musicista preferito. Si prospetta davvero un bel concerto.
E intanto cammino e cammino, tra i monumenti, i giganti di marmo, le vie del Vaticano, le rovine del Foro e della Storia, il Colosseo, l’Altare della Patria, il Pantheon e il Lungotevere. Alla ricerca di qualcosa che non troverò, là, dove – citando ancora gli U2 – le strade non hanno un nome, o meglio – citando uno di quei Poeti Maledetti, Corbiere – hanno troppi nomi, per avere un nome.

Arrivo in ostello, finisco la bottiglia di Vino. Vado a letto senza troppe cerimonie. Arriva il grande giorno.

It’s a Beautiful Day

E Sabato è un bel giorno, sì. Fa meno caldo, all’ombra soffia una fresca arietta. Almeno alle prime ore del mattino, quando mi vedo finalmente con Dario. Di andare al cimitero Acattolico, per lui, non se ne parla. Troppo caldo per andare a girare tra le tombe, in pieno Luglio. Va bene, vada per una carbonara, poi via allo Stadio. Ci incontriamo con due amiche.
Verso le 17 siamo sul tram-carrobestiame che ci trasporta, asfissiati, disidratati e più che sudati, nel luogo del concerto. Lo stadio Olimpico è bellissimo, proprio accanto allo storico Stadio dei Marmi di mussoliniana origine.
Dopo aver superato in una abbondante mezz’oretta i serratissimi controlli, ci siamo. Entriamo.
Nonostante la gente sia in fila anche dalla sera prima, il nostro settore – il parterre – è ancora mezzo vuoto. Riusciamo a posizionarci ottimamente. Un paio di birre alleviano l’attesa. È proprio un bel giorno. U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia 

Noel Gallagher’s High Flying Birds

Sono le 19:30, uno dei momenti che aspettavo da sempre. Sul palco sale uno dei miei idoli assoluti, l’ex Oasis Noel Gallagher, autore di buona parte della soundtrack della mia vita.
Gli altri presenti non sembrano così entusiasti. Forse, come Dario, avrebbero preferito i Mumford & Sons che hanno aperto il tour negli USA. Ma per me non poteva andare meglio.
Apre il suo set con la prima traccia del primo disco solista: Everybody’s on the Run. Non mi entusiasma, ma è pur sempre Noel.

Ben presto arrivano i pezzi degli Oasis, ed io sto male: Champagne Supernova, Half the World Away, Little by Little, Wonderwall (l’ho cantata e suonata tante di quelle volte che quasi muoio a sentirla dalla bocca e dalle mani del suo autore originale) e – immancabile – Don’t Look Back in Anger. Nella prima tappa di questa tranche europea del tour, a Londra, l’ha cantata insieme agli U2 come chiusura del concerto. Ci speravo, ma va benissimo così. Si congeda con AKA… What a Life. Ciao Noel, ci rivedremo prima o poi, spero.

Setlist

  1. Everybody’s on the Run
  2. Lock All the Doors
  3. In the Heat of the Moment
  4. Riverman
  5. Champagne Supernova (Oasis)
  6. You Know We Can’t Go Back
  7. Half the World Away (Oasis)
  8. Little by Little (Oasis)
  9. Wonderwall (Oasis)
  10. Don’t Look Back in Anger (Oasis)
  11.  AKA… What a Life!

The Joshua Tree Tour 2017

L’imponente scenografia è composta da un gigantesco schermo che si estende per tutto il palco; ombreggiato sulla sinistra con la forma proprio del “Joshua Tree”, l’albero tipico dei deserti dell’Arizona che ha dato il nome all’album, e reso iconico proprio da questo disco.
Su di esso riprendono a scorrere, come prima del concerto di Noel, decine di poesie di autori vari, più o meno conosciuti.
Ancora la Poesia.
Riconosco solo i versi di Walt Whitman, uno dei miei autori preferiti.
Ecco – per i più curiosi – la lista di tutte le poesie proposte.
Una poesia mi colpisce particolarmente: “The World is a Beautiful Place” di  Lawrence Ferlinghetti.

La poesia dissolve.

Le casse, che fino ad ora hanno passato vari pezzi in filodiffusione, mandano ora “The Whole of the Moon” dei The Waterboys. I più informati sanno che è il segnale.
Ci siamo. U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia

Pre-Joshua Tree

Parte il riff più famoso del repertorio della band. La chitarra di The Edge ci annuncia: Sunday Bloody Sunday. Ed eccoli, sul ramo del palco che si affaccia in mezzo alla folla, i quattro membri degli U2: Bono, The Edge, Ada Clayton e Larry Mullen.
Un pezzo bellissimo, un classico – purtroppo – sempre attuale.
Il maxischermo è spento.
Continua il viaggio alla riscoperta degli esordi della band con New Year’s Day.
Poi Bad. Una delle mie preferite. Sulle note finali Bono ci parla di Roma. E ancora della poesia. E ci dice – lo dice davvero, giuro, ed io voglio morire – che quella mattina è stato a visitare la tomba di Keats. Ed io muoio in effetti un po’ dentro. E uccido Dario con lo sguardo, che si copre il viso incredulo e disperato. Avremmo incontrato Bono, davanti alla tomba di uno dei più grandi poeti della storia, se solo mi avesse dato retta. Ma anche questa è, a suo modo, poesia.
Non ci pensiamo.
La dedica ai “Dead Poets”, i poeti morti traduce lo stesso Bono. A Keats, a Pavarotti (grande amico della band) e a Bowie: sulle note di Bad intona alcuni versi di Heroes, seguito da tutti noi presenti.
Bellissimo.
Pride (In the name of Love) chiude questa prima, introduttiva parte del concerto.
Il maxischermo si accende, avvampa di rosso. Risalta, in nero, il the Joshua Tree. U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia 

The Joshua Tree

U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia

Lato A

Il concerto entra nel vivo. L’ancora, dopo 30 anni, inconfondibile riff di Where the streets have no name. Il pubblico in visibilio canta, si commuove. Sullo schermo scorrono immagini delle strade deserte e desertiche dell’Arizona, lì, dove cresce spontaneo il Joshua Tree. Il trittico iniziale è completato da I still haven’t found what I’m looking for With or Without You. Qui si innesca la maestosa coreografia organizzata da quelli di U2place.com, sito di riferimento per i fan italiani del gruppo irlandese. Sugli spalti, nero su giallo, spunta ancora il Joshua Tree, e la scritta 30. Buon compleanno. A Bono trema la voce, emozionato.
Bullet the Blues Sky, il riff con il bottleneck di The Edge più potente che mai, Running to stand still, riarrangiata al piano suonato – ancora – da The Edge. È lui, come ben saputo, l’anima musicale del gruppo.

Lato B

Siamo già al lato B del disco. Pezzi che, come dice Bono, non sono quasi mai stati suonati dal vivo: Red Hill Mining town, anch’essa riarrangiata, con i fiati – suonata quindi come nell’edizione del trentennale del disco. Sullo schermo, la banda. Al centro una bella ragazza, parte della banda e idealmente protagonista del video.
Il VJset che accompagna il concerto è curato da Anton Corbjin, che viene salutato e ringraziato dal cantante.
Dopo In God’s Country, tocca a Trip Through Your Wires Bono suona l’armonica. Poi ci parla di Irlanda, Italia, ancora della poesia, legame tra le due terre, e di una parola che gli Irlandesi condividono con gli italiani: Famiglia. Gli U2 sono una famiglia, compresa la crew, ci dice. E proprio per questo dedica il pezzo successivo, One Tree Hill, a tutti coloro che hanno perso un membro della propria famiglia.

Indossa un cappello da Cowboy per la mefitica e oscura Exit, uno dei momenti più alti dell’album e del concerto. Psichedelica, demoniaca, tenebrosa. Il pezzo “maledetto” degli U2. Un climax crescente che si ripercuote anche nelle immagini sempre più distorte sullo schermo.
Chiude la canzone dedicata alle madri dei desaparecidos, Mothers of the Disappeared.

The Joshua Tree è invecchiato. Bene, benissimo. Ha sprigionato nuovi sapori, nuovi colori, nuove sfumature. È invecchiato, bene, fascinoso come un vecchio, polveroso libro in un negozio d’antiquariato, spolverato e riscoperto. Come un vino pregiato, un amore vero, una poesia, sì.

U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia

La band si ritira e si congeda. Ma non è ancora finita. U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia

Post-Joshua Tree

Dopo il Joshua Tree la band intraprese, nella propria carriera, una svolta – per certi versi – pop. Ma non mancano le punte puramente rock.

Ritornano sul palco, dopo la proiezione di un filmato. Protagonista una ragazza Siriana che sogna di fare l’avvocato per difendere i diritti degli uomini, e sogna un mondo senza sofferenze.
È lei, 30 anni dopo la guerra in Bosnia, la nuova Miss Sarajevo.
Il suo ritratto su un grande telo viene fatto passare sulle tribune.
La voce di Pavarotti, ovviamente registrata.
Ed eccoli i tre brani più propriamente rock del set: Beautiful Day, Elevation e Vertigo. Sul finale di quest’ultima, ancora un omaggio a Bowie: cantiamo, con Bono, alcuni versi di Rebel Rebel.

Omaggio alle donne e alla femminilità: Ultraviolet. Sullo schermo immagini di donne forti, fortissime. Da Anna Frank a Marie Curie. Patti Smith, Rita Levi-Montalcini, Virgina Woolf, Isabel Allende. E tante, tante altre. Non capisco Emma Bonino e Angel Merkel che ci facciano lì in mezzo, ma va bene.

U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia
Poi un’altra delle grandi Hit del gruppo: One, da Achtung Baby. Bellissima, lo stadio si illumina e canta. Prima, un lungo discorso sull’associazione umanitaria fondata dalla band, e battezzata proprio dalla canzone.
Sarebbe stato perfetto chiudere così, ma gli irlandesi ci regalano un ultimo pezzo.
The Little Things That Give You Away, tratta dal disco di prossima uscita Song of Experience, successore di Song of Innocence.
Citazione nemmeno celata alle grandi raccolte poetiche di un altro grande della poesia inglese, William Blake.

Ancora la poesia. U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia 

One Love

Si ritorna in albergo, domani a casa. Si salutano gli amici. E si riflette in silenzio sullo spettacolo a cui si ha appena assistito.
Mangiamo qualcosa al volo.
Dobbiamo metabolizzare.
Il giorno dopo Dario parte in mattinata. Incontro di sfuggita Maurizio e Valentina che vedranno la seconda data, proprio quella sera.
È Domenica.
Una giornata intera da solo.
Riorganizzo i pensieri, e penso. A cosa e a come scrivere di questo concerto, di questa esperienza.
Dell’albero di Joshua.
C’ho in tasca ancora meno soldi, e ancora una manciata di Poesie.
Ma più poesie.
Quindi torno a casa più ricco, questo sì.
Da Keats e Shelley ci andrò un’altra volta.
Torno ai miei Corbiere, Mallarme, Verlain e Rimbeaud.
Chiudo il libro, poi.
La poesia ha tante forme.
Su le cuffie, sono in un parco.
Voglio riascoltare, ancora, questa poesia.
Voglio riascoltare, ancora, The Joshua Tree.

U2 The Joshua Tree Tour Roma Poesia

Setlist

  1. Sunday Bloody Sunday
  2. New Year’s Day
  3. Bad [con citazione a “Heroes” di David Bowie]
  4. Pride (In the Name of Love)
    The Joshua Tree
  5. Where the Streets Have No Name
  6. I Still Haven’t Found What I’m Looking For
  7. With or Without You
  8. Bullet the Blue Sky
  9. Running to Stand Still
  10. Red Hill Mining Town
  11. In God’s Country
  12. Trip Through Your Wires
  13. One Tree Hill
  14. Exit
  15. Mothers of the Disappeared
    Encore:
  16. Miss Sarajevo
  17. Beautiful Day
  18. Elevation
  19. Vertigo [Con citazione a “Rebel Rebel” di David Bowie]
  20. Ultraviolet (Light My Way)
  21. One
  22. The Little Things That Give You Away

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